Novembre 2008: quella che segue è la presentazione del terzo convegno sulla scuola contenuta nel dépliant. Da allora le cose sono molto cambiate. Purtroppo in peggio.
Molti dolori potrebbero essere
evitati se tutti i genitori mostrassero maggiore attenzione al destino dei loro figli. In fondo, per non
farsi ammaliare dagli slogan urlati da chi persegue solo i propri interessi,
basta riflettere sull’ipocrisia di chi difende lo status quo della scuola elementare italiana sostenendo che essa è sempre
stata una delle migliori del mondo. Nella realtà, la scuola elementare tradizionale era esattamente l’opposto di quella
attuale. Là dove esisteva il maestro unico, figura forte e consapevole
della propria responsabilità sociale, oggi si affollano anonimi “operatori
didattici”, autoreferenziali e spesso anche nefastamente conflittuali. Là dove
vigeva il silenzio e l’ordine indispensabili all’apprendimento, oggi regna il
caos e l’improvvisazione. Là dove si faceva
riferimento a programmi chiari e ben collaudati, oggi troviamo lo
scellerato “fai da te”, basato sul ghiribizzo del momento, che fatalmente
penalizza i figli dei genitori meno consapevoli.
E quanti fallimenti umani e
professionali si potrebbero evitare se solo i giovani non confondessero le loro
convenienze con i privilegi delle baronie universitarie! Essi devono
ricordare che la collettività investe sul loro futuro attraverso l’imposizione
fiscale e che hanno il diritto di pretendere lezioni serie in aule
ordinate e materie solide per lauree vere, in grado di renderli competiti nel mondo del lavoro. Soprattutto li
invitiamo a riflettere: che senso ha ripercorrere le esperienze dei loro nonni?
Lascino piazza e slogan invecchiati a una generazione che si è smarrita nel rimpianto di una stagione priva di
gloria, senza neppure accorgersi di quanto il mondo sia cambiato. E guardino
con fiducia alle sfide del futuro, consapevoli della forza che loro deriva
dalla nostra grande tradizione.
Neppure di questo convegno possediamo una documentazione fotografica, ma riproponiamo qui di seguito i contenuti del suo dépliant.
Brani tratti dalle lettere
apparse sulla stampa cittadina
In alcuni simboli la chiarezza delle idee. - I simboli
sono spesso più incisivi del fatto concreto. Il grembiule che unifica e taglia
i rami morti dell’esteriorità; il voto di condotta che richiama all’etica della
responsabilità; il maestro unico come delegato del padre o della madre, cui il
bambino guarda come modello; i voti autentici e netti al posto degli ipocriti
eufemismi dei giudizi, sono tutti tasselli che vanno a configurare una scuola
del domani ben fondata, che si sta lasciando la strada sbagliata, quella che ci
ha portato nelle secche dell’ignoranza istituzionalizzata e dell’illusione che
la scuola debba non formare fa informare (dal sesso alla “mondialità”,
dall’alimentazione all’educazione stradale), per imboccare la via virtuosa del
ritorno a casa: ai saperi fondamentali, alla serietà che, sola, dà la gioia di
apprendere. (A. Del Ponte, docente)
Tra obiettivi falliti e percorsi deviati… - Consiglierei
a tutti gli italiani di leggere il libro “La scuola raccontata al mio cane” di
Paola Mastrocola. E’ un quadro della scuola italiana post-’68 che spiega in
modo divertente ma anche sconfortato cosa sono state le varie “sperimentazioni”,
cosa sono stati e sono tuttora i debiti, i progetti, i recuperi, i percorsi,
gli obiettivi, i Pof, che hanno dato fra i vari risultati un concorso per
entrare in magistratura in cui su 300 posti disponibili ne furono coperti solo
200 perché i concorrenti non sono stati in grado di scrivere in corretto
italiano…(Fiorella Merello, docente)
Ma chi può volere una scuola così? Commenti e domande nei giorni delle
manifestazioni in difesa dello status
quo
L’università
che “disegna orizzonti” - Dalle Alpi al Canale di Sicilia l’offerta
formativa è, come si dice, “ampia e ben articolata”. Quelli che un tempo erano
tutt’al più esami facoltativi ora sono diventati profili professionali. Così
abbiamo lauree in “Programmazione delle
politiche d’inclusione sociale”, in “Scienza
dell’igiene e del benessere del
gatto”, in “Gestione degli eventi”, in “Formazione continua”, in “Schedatura del verde urbano”, in “Turismo alpino”, in “Scienze equine”, in “Tecnologia del fitness”… C’è persino
un’università del nord che propone una laurea in “Scienze della mediazione interlinguistica e interculturale”
promettendo agli studenti fantastici sbocchi professionali nell’industria, nel
commercio e nella pubblica amministrazione. Secondo quanto recita l’offerta
formativa di tale facoltà “nell’insegnamento verrà data priorità
all'acquisizione di competenze pratiche, dirette alla realizzazione di
intenzioni comunicative concrete, rilevanti per la comunicazione in ambito
professionale”... Per favore, c’è qualcuno in grado di dirmi dove hanno trovato
o troveranno lavoro tutte le allodole che si sono fatte attrarre dagli
specchietti di tutti questi atenei? (Vincenzo
Colangelo, Scuola Oggi, Bari, 31.10.2008).
Fino a quando ci sarà qualcuno che paga… - Lavoro
più di 40 ore la settimana, ogni volta che varco i cancelli della fabbrica
timbro un cartellino, dopo 25 anni il mio stipendio non supera i 1400 euro al
mese. Per di più, siccome tratto prodotti chimici, corro rischi di salute.
Quando penso che sono quelli come me, puntualmente tartassati dal fisco, a
mantenere questi magistrati che pur lavorando tre pomeriggi alla settimana
s’indignano all’idea di un tornello e quei 24 docenti per 17 studenti di certe
facoltà, giuro che sento un certo prurito alle mani… (C. Boasso, Novara, 31.10.2008).
Una disponibilità che riserva sorprese - Siamo
genitori di poca istruzione e con poco tempo da dedicare a nostro figlio. Gente
onesta però e anche grandi lavoratori. Il nostro errore più che altro è stato
quello di fidarci della scuola. Elementari e medie sono filate via che era una
meraviglia. Dagli insegnanti tanti sorrisi e gentilezze e mai un’osservazione a
metterci sull’avviso, e poi tutte quelle parole un po’ complicate ma che
suonavano tanto bene che trovavamo sempre scritte sulla pagella. Poi è arrivato
il primo anno all’istituto tecnico, mia moglie quando veniva il tempo del
ricevimento andava anche a parlare con gli insegnanti. Dicevano che il nostro
Andrea era un po’ debole in alcune materie ma che poteva farcela. Alla fine,
invece, è stato bocciato. Solo all’ultimo abbiamo scoperto che nostro figlio
praticamente non sapeva né leggere né scrivere… (da una confidenza raccolta nel giorno in cui in strada sfilavano le
maestre con le orecchie d’asino).