sabato 23 gennaio 2021

SCEGLI LA SCUOLA GIUSTA, PENSA AL DESTINO DI TUO FIGLIO Terzo Convegno Operativo sulla scuola

Novembre 2008: quella che segue è la presentazione del terzo convegno sulla scuola contenuta nel dépliant. Da allora le cose sono molto cambiate. Purtroppo in peggio.
Molti dolori potrebbero essere evitati se tutti i genitori mostrassero maggiore attenzione al  destino dei loro figli. In fondo, per non farsi ammaliare dagli slogan urlati da chi persegue solo i propri interessi, basta riflettere sull’ipocrisia di chi difende lo status quo della scuola elementare italiana sostenendo che essa è sempre stata una delle migliori del mondo. Nella realtà, la scuola elementare tradizionale era esattamente l’opposto di quella attuale. Là dove esisteva il maestro unico, figura forte e consapevole della propria responsabilità sociale, oggi si affollano anonimi “operatori didattici”, autoreferenziali e spesso anche nefastamente conflittuali. Là dove vigeva il silenzio e l’ordine indispensabili all’apprendimento, oggi regna il caos e l’improvvisazione. Là dove si faceva  riferimento a programmi chiari e ben collaudati, oggi troviamo lo scellerato “fai da te”, basato sul ghiribizzo del momento, che fatalmente penalizza i figli dei genitori meno consapevoli. 
E quanti fallimenti umani e professionali si potrebbero evitare se solo i giovani non confondessero le loro convenienze con i privilegi delle baronie universitarie! Essi devono ricordare che la collettività investe sul loro futuro attraverso l’imposizione fiscale e che hanno il diritto di pretendere lezioni serie in aule ordinate e materie solide per lauree vere, in grado di renderli competiti nel mondo del lavoro. Soprattutto li invitiamo a riflettere: che senso ha ripercorrere le esperienze dei loro nonni? Lascino piazza e slogan invecchiati a una generazione che si è smarrita  nel rimpianto di una stagione priva di gloria, senza neppure accorgersi di quanto il mondo sia cambiato.  E guardino con fiducia alle sfide del futuro, consapevoli della forza che loro deriva dalla nostra grande tradizione.

Neppure di questo convegno possediamo una documentazione fotografica, ma riproponiamo qui di seguito i contenuti del suo dépliant.

Brani tratti dalle lettere  apparse sulla stampa cittadina 

In alcuni simboli la chiarezza delle idee. - I simboli sono spesso più incisivi del fatto concreto. Il grembiule che unifica e taglia i rami morti dell’esteriorità; il voto di condotta che richiama all’etica della responsabilità; il maestro unico come delegato del padre o della madre, cui il bambino guarda come modello; i voti autentici e netti al posto degli ipocriti eufemismi dei giudizi, sono tutti tasselli che vanno a configurare una scuola del domani ben fondata, che si sta lasciando la strada sbagliata, quella che ci ha portato nelle secche dell’ignoranza istituzionalizzata e dell’illusione che la scuola debba non formare fa informare (dal sesso alla “mondialità”, dall’alimentazione all’educazione stradale), per imboccare la via virtuosa del ritorno a casa: ai saperi fondamentali, alla serietà che, sola, dà la gioia di apprendere.  (A. Del Ponte, docente)
 
Tra obiettivi falliti e percorsi deviati… - Consiglierei a tutti gli italiani di leggere il libro “La scuola raccontata al mio cane” di Paola Mastrocola. E’ un quadro della scuola italiana post-’68 che spiega in modo divertente ma anche sconfortato cosa sono state le varie “sperimentazioni”, cosa sono stati e sono tuttora i debiti, i progetti, i recuperi, i percorsi, gli obiettivi, i Pof, che hanno dato fra i vari risultati un concorso per entrare in magistratura in cui su 300 posti disponibili ne furono coperti solo 200 perché i concorrenti non sono stati in grado di scrivere in corretto italiano…(Fiorella Merello, docente) 

Ma chi può volere una scuola così? Commenti e domande nei giorni delle manifestazioni in difesa dello status  quo

 L’università che “disegna  orizzonti” - Dalle Alpi al Canale di Sicilia l’offerta formativa è, come si dice, “ampia e ben articolata”. Quelli che un tempo erano tutt’al più esami facoltativi ora sono diventati profili professionali. Così abbiamo lauree in “Programmazione delle politiche d’inclusione sociale”, in “Scienza dell’igiene e del benessere del gatto”, in “Gestione degli eventi”, in “Formazione continua”, in “Schedatura del verde urbano”, in “Turismo alpino”, in “Scienze equine”, in “Tecnologia del fitness”… C’è persino un’università del nord che propone una laurea in “Scienze della mediazione interlinguistica e interculturale” promettendo agli studenti fantastici sbocchi professionali nell’industria, nel commercio e nella pubblica amministrazione. Secondo quanto recita l’offerta formativa di tale facoltà “nell’insegnamento verrà data priorità all'acquisizione di competenze pratiche, dirette alla realizzazione di intenzioni comunicative concrete, rilevanti per la comunicazione in ambito professionale”... Per favore, c’è qualcuno in grado di dirmi dove hanno trovato o troveranno lavoro tutte le allodole che si sono fatte attrarre dagli specchietti di tutti questi atenei? (Vincenzo Colangelo, Scuola Oggi, Bari, 31.10.2008).

Fino a quando ci sarà qualcuno che paga… Lavoro più di 40 ore la settimana, ogni volta che varco i cancelli della fabbrica timbro un cartellino, dopo 25 anni il mio stipendio non supera i 1400 euro al mese. Per di più, siccome tratto prodotti chimici, corro rischi di salute. Quando penso che sono quelli come me, puntualmente tartassati dal fisco, a mantenere questi magistrati che pur lavorando tre pomeriggi alla settimana s’indignano all’idea di un tornello e quei 24 docenti per 17 studenti di certe facoltà, giuro che sento un certo prurito alle mani… (C. Boasso, Novara, 31.10.2008).

Una disponibilità che riserva sorprese - Siamo genitori di poca istruzione e con poco tempo da dedicare a nostro figlio. Gente onesta però e anche grandi lavoratori. Il nostro errore più che altro è stato quello di fidarci della scuola. Elementari e medie sono filate via che era una meraviglia. Dagli insegnanti tanti sorrisi e gentilezze e mai un’osservazione a metterci sull’avviso, e poi tutte quelle parole un po’ complicate ma che suonavano tanto bene che trovavamo sempre scritte sulla pagella. Poi è arrivato il primo anno all’istituto tecnico, mia moglie quando veniva il tempo del ricevimento andava anche a parlare con gli insegnanti. Dicevano che il nostro Andrea era un po’ debole in alcune materie ma che poteva farcela. Alla fine, invece, è stato bocciato. Solo all’ultimo abbiamo scoperto che nostro figlio praticamente non sapeva né leggere né scrivere… (da una confidenza raccolta nel giorno in cui in strada sfilavano le maestre con le orecchie d’asino).