Un miracolo
“inaspettato” quello avvenuto 2000 anni fa a Cana di Galilea. Così ce lo
propone nel suo Vangelo Giovanni, che sembra riportare più un fatto di cronaca
che un evento miracoloso. Una prosa scarna tesa a evidenziare i protagonisti,
la sequenza veloce degli avvenimenti, un rapido interloquire tra la Madre e
Gesù, e infine la descrizione quasi scientifica della straordinaria mutazione
dell’acqua in vino. Affascinato e quasi turbato da questo passo del
Vangelo, l’Autore si addentra a esplorare una misteriosa attrazione, pur nel
fondato timore di non giungere a una agnizione finale. In un intersecarsi di considerazioni e di
impressioni, questo “segno”, riportato dal solo Giovanni Evangelista, ci viene
proposto dall’Autore come carico di significati che attengono il settore della
teologia, ma soprattutto della spiritualità più raffinata. In contrappunto la figura di un Cardinale di
Santa Romana Chiesa, sostanzialmente immaginaria e idealizzata, che consente
all’Autore di esprimere, in analogia con la voce del Cristo nel Don Camillo di
Giovannino Guareschi, le meditazioni interiori del profondo dell’anima. Temi e personaggi inequivocabilmente religiosi,
ma al fondo resta qualcosa di inespresso, di misterioso che riguarda la vita di
tutti gli uomini.